venerdì 27 maggio 2016

Il Canavese

Il Canavese


Il Canavese è una vasta regione del Piemonte racchiusa fra la Stura di Lanzo e la Dora Baltea, che dalla base delle Apli Graie e Pennine si estende fino al Po.

I confini partono da una linea segnata a grosso modo ad ovest del Torrente Malone, scendono a sud fino a Chivasso, risalgono sul settore orientale lungo l'agro vercellese toccando Cigliano, volgendo verso occidente per arrivare a Viverone ai piedi della Serra Morenica, il muro naturale tra il Canavese ed il Biellese, passando poi per Ivrea proseguendo verso Occidente, fino ad arrivare alle Valli Orco e Soana, addentrandosi fino al confine con la Francia, fino alla parete del Gruppo Gran Paradiso.

A quewsto territorio appartengono circa 200 comuni tra cui, Aglie, Azeglio, Barbania, Borgo Masino, Caselle, Ceres, Caluso, Castellamonte, Chivasso, Ciriè, Corio, Cuorngè, Fiano, Ivrea, Lanzo, Lessolo, Locana, Montanaro, Pavone, Pont, Rivara, Rivarolo, San Benigno, San Giorgio, Settimo Vittone, Strambino, Venaria, Vico, Viù, Volpiano.

Intanto possiamo dire che il Piemonte, e quindi anche il Canavese, cominciò a prendere forma terrestre solo alla fine del periodo Terziario ed all'inizio del Quaternario.

Prima era una grande distesa d'acqua, braccio del Mare Adriatico.

Quando il mare si ritiò, si registrò un regine fluvio - lacustre che caratterizzo l'epoca del diluvio - glaciale dell'era quaternaria. Fu allora che i corsi fluviali, con le loro correnti, trascinarono a valle i detriti dalle catene alpine e depositi, originando gli altopiani.

La presenza dell'uomo in piemonte risalirebbe al 20.000 a.c., diverse le ipotesi su chi siano stati i primi uomini ed a che razza appartennero.

Appartentemente furono i Liguri, di cui tratteremo puù avanti, ai quali si aggiungerà l'elemento Celto - Gallico verso il 1000 a.c.

Certo è che i Liguri con la loro cività neolitica, o della pietra levigata, diedero origine alle prime tribù dei Taurini che fondarono Taurasia, Torino, in una zona difficilmente vulnerabile, alla confluenza tra il Po e la Dora, in una zona acquitrinosa, la zona che corrisponde all'attuale Pellerina ed a Borgo San Donato.

I Celti riuscirono ad esercitare notevole influenza sui Liguri, di civiltà superiore, specie nella zona padana occidentale, dove l'elemento Ligure sopravvisse preludendo alla ossatura etnica del futuro Piemonte.

I Salassi o Salasses, popolo Celtico abitante l'area del Canavese e Valle d'Aosta in realtà sono discendenti dalle pololazioni Liguri, "ab antiquam ligurum stirpe", dove i Liguri Taurini erano gli abitanti sulle rive del Po tra Chisone ed Orco. Probabilmente discendente anche di uno dei rami di una etnia celtica costituita da più gruppi tribali e stanziata, intorno al 1000 a.C., nell'Europa centrale, l'esistenza di più genti Salasse è confermata dallo storico Ammiano Marcellino, il quale riferisce che nel 53 a.C., nel corso delle guerre illiriche combattute nelle marche danubiane del Norico, i Romani si scontrarono con i Salassi di quelle regioni.

Però sui Salassi non viè una concodanza di opinioni tra gli storici, taluni affermano che siano Celti del gruppo Ligure, per altri Celti provenienti dalla Gallia o da altre regioni a seguito delle varie migrazioni, come i Leponzi di origine tauresca.

Bisogna iniziare a distinguere tra Salassi e Knappesi, i Salassi abitanti delle Zone Alte della Valle d'Aosta, mentre i Knappesi erano gli abitanti delle Zone Orco e Soana.

Per errore degli storici, la prima storia dei Knappesi si è identificata con quella dei Salassi.








Il geografo greco Strabone, "i padroni dei valichi", sia per lo sfruttamento dei giacimenti di oro filtrato dalle sabbie aurifere dell'alta valle della Dora Baltea, argento, rame, ferro, sia per il controllo esercitato su uno snodo importante del commercio del sale con gli abitanti delle pianure.

Per dare una demarcazione etnica all'area subalpina, si identificano le popolazioni di origine Ligure al di sotto del fiume Po, ad eccezione dei Taurini che erano al di sopra, ed i Salassi come popolazione stanziata al di sopra del fiume Po a sinistra della Dora Baltea, area in cui si trovano Salassa, nel Canavese, e Salussola, nel Biellese.

Torino stirpe Ligure
Aosta città fondata dai Salassi
Vercelli fondata dai Salluvii
Novara fondata dai Vertumacori

A Nord dei Salassi vivevano i Centrones, Caturigi, Veragri, i Nantuati.

Nel territorio dei Salassi vi era anche uno dei principali valichi delle Alpi.

I Salassi, un popolo bellicoso, destro alla fabbricazione di ponti e strade, e nella lavorazione dei metalli, industria caratteristica delle Valli Orco e Soana.

Vennero scoperte miniere di Ferro a San Martino e Traversella, di Rame ed Argento a Tavagnasco, di Piombo a Borgofranco, Antimonio Aurifero in Valle Orco.

I Salassi professavano religioni di derivazione druidica.

Taurasia venne distrutta da Annibale nel 218 a.c.

I Romani che si erano spinti fino a Taurasia nel 221 a.c. non riuscirono ad evitare l'evento, questo sacrificio meritò a Taurasia l'aiuto dei Romani contro i Salassi.

La prima vera battaglia tra Romani e Salassi, si ebbe nel 143 a.c. vicino a Po nei pressi di Verolengo e Brandizzo, dove i Romani ebbero la peggio, subendo una grande sconfitta.

La seconda battaglia si ebbe nel 140 a.c. tra Vische e Mazzè, dove i Romani ebbero la meglio facendo arretrare i Salassi costringendoli ad abbandonare le aree estrattive del sud per ritirarsi nelle valli montane, costruendo così delle Colonie Romane vere teste di Ponte verso l'avanzata nelle alte pianure e le Alpi.

Fu così che i Romani assogettarono alcune città Celtiche dei Salassi facendole diventare loro colonie, come avvenuto per Salassa ed Eporedia assogettata circa nel 100 a.c., dopo che i romani riuscino a sconfiggere i Cimbri nel 101 a.c. ai Campi Raudii, Vercelli. Eporedia costruita a campo Militare sulle ceneri della precedente fortificazione dei Salassi denominata oppidum.

Di fronte al progredire dei Romani, i Salassi si ritirarono verso i monti, nelle gole montane, formando vere e proprie isole di conservazione.

La storia del Canavese prosegue tranquilla fino ai Longobardi, la loro invasione di Albonio si ebbe nel 568 d.c. e regnarono fino al 774 d.c. ad opera dei Franchi, intanto nei primi secoli fino al V secolo, iniziò e perdurò la romanizzazione e la cristinaizzazione, ricodiamo San Besso e San Bernardo.

I longobardi divisero il territorio Italiano in Ducati, retti da comandanti militari, che si arrogarno il diritto di amministrare il potere anche giudiziario.

I principali Ducati furno Torino, Asti, Bulgaria (l'attuale novarese), ed Ivrea che comprendeva anche Vercelli.

Il Ducato di Torino a nord, oltre il Po, si estendeva fino alla diocesi di Ivrea, avendo come limite il ramo dei monti che riparano le Valli di Lanzo da quelle dell'Orco e poi una linea che passando per la Vauda lungo il Malone andava fino al Po, al di sopra di Brandizzo.

Il Ducato di Ivrea comprendeva le diocesi di Ivrea e di Vercelli, e si estendeva a sud verso il Po sino al crinale che divide il Po dalla Valle del Versa.


Il toponimo che oggi designa la regione appare per la prima volta in un diploma del 951 col quale Berengario II e suo figlio Adalberto concedono alle monache di S. Maria in Pavia "curtem Canavese cum castro quod dicit Riparupta cum omni sua pertinentia", e deriva da una piccola curtis sita nei pressi di Cuorgnè, Canava.

Coi Longobardi, popolo bellicoso e violento, si determinò depauperazione e spopolamento delle città, ripartizioni dei latifondi e proprietà, sottrazione dei beni alla Chiesa.

I Longobardi non riuscirono a costituire uno stato autonomo, forte ed organizzato.
Furono però artisti, costruttori, promotori e custodi di artefici di cultura.

Carlo Magno dei Franchi, dopo aver sconfitto i Longobardi, con l'alleanza Franco - Papale, fu nominato Re d'Italia nel 774 d.c. "Rex Francorum et Longobardorum".

Con la vittoria sui Longobardi, nelle terre subalpine si intaurò il sistema franco feudale, i ducati longobardi vennero sostituiti dalle marche e dalle contee, più ristrette territorialmente e meglio organizzate.

Si moltiplicarono però poi nel tempo i feudi, aumentò la corte dei fedeli clienti, vassalli, valvassori, valvassini, signori e consignori ogniuno con poteri, privilegi e diritti particolari.

Con le invasioni saracene, si ebbe il blocco dei commerci via mare ed anche via terra lungo i valichi alpini, favorendo l'agricoltura.

Venne instaurata la grande Marca di Ivrea, retta dagli Anscarici, potente famiglia feudale di orgine franca. Divenuta troppo potente venne poi smembrata in tre nuove marche, che prendevano il nome dai loro fondatori.

Marca Aleramica
Marca degli Obertenghi
Marca degli Arduinici

Le nuove famiglie posero la loro sede in importanti città, anche fuori dal Piemonte, come Savona primo capoluogo degli Aleramici.

A quel tempo non vi era una netta distinzione tra Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria.

Con Arduino, 955 - 1015, marchese d'Ivrea dal 989 e primo a fregiarsi del titolo di "Rex Italiae" nel 1002, il Canavese entra nella storia dell'alto Medioevo, perché da lui avrebbe inizio la dinastia dei Conti del Canavese, una famiglia comitale le cui origini si fanno risalire al conte di Pombia Guiberto, fratello dello stesso Arduino, e primo signore di Canava.

Della Curtis Canava si perdono le tracce dopo il 1054: intanto, nobili non indigeni, infeudati dall'imperatore, che vantano più o meno legittimamente discendenza arduinica, si arrogano a partire dal 1070 il titolo di "Conti" del Canavese, e vengono riconosciuti come tali nel 1110 dall'imperatore Enrico V, che li nomina Comites de Canavisio, dai quali si stacca ben presto il ramo dei San Martino, che darà origine alla famiglia dei Castellamonte.

Ai discendenti di Arduino d'Ivrea i Conti di San Martino e Valperga rimase la marca Arduinica

Nel XII secolo si assiste ad una vera rinascita della regione, numerosi borghi prendono nuova vita con l'avvento dei liberi comuni, tra i più potenti si possono citare Alba, Asti, Chieri, Ivrea, Mondovì, Novara, Torino, Tortona, Savigliano e Vercelli.

Nel 1162 Ivrea entrò nella Lega Lombarda, con lo scopo di sconfiggere l'impertatore Tedesco Barbarossa.

I primi Savoia non erano piemontesi come i conti di San Martino e Valperga di Masino discendenti del Re Arduino d'Ivrea. La loro signoria era incentrata sul controllo dei valichi alpini, i territori sabaudi, distribuiti sulle montagne, erano delimitati da confini vaghi e difficili a controllare.

Dopo l'abdicazione di Re Arduino nel 1014, nel Canavese si vennero formando alcuni casati nobiliari i cui rappresentanti rivendicavano una loro discendenza da Arduino stesso o perlomeno dai conti di Pombia. Nel breve volgere di un secolo essi affermarono la loro signoria su buona parte del territorio, assumendo i titoli di "Conti di Valperga", "Conti di San Martino" e "Conti di Biandrate" e "Conti di San Giorgio".
Per consuetudine ereditaria ad ogni generazione venivano spartite le quote, benché la maggiore spettasse al primogenito: si formarono perciò dei "clan", chiamati "consortili", in cui ogni capo famiglia manteneva il titolo nobiliare, ma vedeva ridursi vertiginosamente il potere reale e le ricchezze. La loro forza risiedeva nella gestione in comune delle politiche e delle azioni sul territorio, tradizione praticata anche tra la piccola nobiltà ed il popolo. Perciò collettivamente ciascuno dei tre raggruppamenti era una potenza, e disponeva di entrate paragonabili a quelle di una piccola città.
I Valperga e i San Martino erano divisi da una feroce rivalità,  "se non tamquam consortes pertractando, sed ac si una pars esset christiana et alia sarazena", a farne le spese erano i borghigiani dei piccoli centri soggetti ai conti, frequentemente assaltati, depredati e taglieggiati dalle milizie di parte avversa.

Dal punto di vista geografico, la situazione contribuiva a creare contese: possedimenti, diritti e rendite dei gruppi nobiliari erano distribuiti a macchia di leopardo, penetrando profondamente gli uni negli altri.

La città di Ivrea, che al tempo non era considerata parte del Canavese, non fu teatro di disordini perché vigeva un equilibrio interno basato sul fragile equilibrio tra Comune, Vescovo, Savoia, Savoia-Acaia, Monferrato e, naturalmente, Valperga e San Martino.

Nel Trecento il canavese fu teatro delle rivolte dei Tuchini, abitanti dei piccoli Comuni rurali, soprattutto nelle valli alpine, che si ribellarono contro lo strapotere dei signori feudali.
La causa principale fu l'insofferenza delle comunità locali verso l'eccessivo potere dei feudatari, appartenenti ai consortili di San Martino e di Valperga.

Tra il 1382 e il 1384 la rissosità tra San Martino e Valperga raggiunse il culmine, con razzie, assalti ed uccisioni.
Perciò le comunità locali si riunirono il "lega" presentando una supplica al Conte Rosso, Amedeo VII di Savoia, auspicando il suo intervento contro le vessazioni dei nobili.
La risposta del conte fu debole e macchiata di un grave errore, Amedeo VII impose pesantissime sanzioni pecuniarie alle comunità, colpevoli di aver costituito una lega.
Già nell'inverno del 1386 le comunità locali, forse scontente delle risposte ottenute o indignate per le ammende, confermarono la lega ed iniziarono un'aperta ribellione, soprattutto contro i conti di Valperga e in forma minore contro quelli di San Martino.
Il fatto eclatante fu però l'espulsione dalle loro dimore e dalle loro terre di tutti i conti canavesani.
Amedeo VII preferì mantenere una posizione di grande cautela, avendo tutto da guadagnare dall'indebolimento dei suoi irrequieti vassalli.
Nel 1387 il marchese del Monferrato aprì le ostilità contro i Savoia per tentare di recuperare i feudi canavesani.
Il conflitto si risolse nel 1389, nel trattato vengono citate numerose località canavesane che si erano sottomesse al Monferrato e che ritornano ai Savoia. La lista corrisponde esattamente alle comunità soggette ai conti di San Martino e al ramo primogenito dei Valperga, ad indicare che i Tuchini avevano negoziato con l'uno o l'altro dei principi, pur di mantenere il controllo armato del loro territorio.
Nell'estate del 1390 Amedeo VII mosse in armi contro Cuorgné e le valli valle Orco e Soana, che erano passate dalla parte dei Paleologi del Monferrato, ottenendo una facile vittoria.
Il termine del conflitto con i Tuchini viene formalizzato il 2 maggio 1391, in presenza di sette conti Valperga, trentuno conti San Martino ed i rappresentanti di trentun comunità, nell'atto il Conte Rosso riferisce di aver ripreso il possesso di tutti i luoghi e ricevuto le fedeltà degli abitanti, nomina alcuni commissari per istruire inchieste e processi "contra nonnullos ex dictis rebellibus et tuchinis".

Ben meglio se la cavano i comuni canavesani, a cui vengono completamente condonate le ammende precedenti, aboliti gli obblighi di prestare servizio nelle milizie nobiliari e concesso il diritto di appellarsi al sovrano in caso subissero torti dai feudatari.

Meno di dieci tuchini, per lo più di Cuorgné e valli, vengono impiccati ad Ivrea ed altri condannati al carcere.

Tutte le terre che nel corso del conflitto avevano rinnovato la fedeltà al Savoia dovettero versare ai feudatari gli arretrati delle tasse non pagate, ma deducendo quanto nel frattempo versato al conte di Savoia.
In sostanza, si trattò di una cancellazione dei debiti verso i Valperga e i Masino.

Amedeo VII multò le comunità ribelli concordando con loro una composizione, ma accogliendo la più importante rivendicazione dei popolani, quella dei diritti di successione.

Le comunità della Valle di Brosso pagarono 1000 fiorini
La Val Soana pagò 1275 fiorini
La Valle di Castelnuovo pagò 2750 fiorini
La comunità di Locana 1650 fiorini
Quella di Cuorgné 1500 fiorini

Le altre comunità ritenute "compromesse" sborsarono somme decisamente minori.

Le multe erano molto inferiori a quelle previste nel 1385 ed in quei cinque anni di autogoverno i comuni avevano goduto di tutti i redditi senza pagare imposte.

Nella tradizione popolare viene spesso citato un "secondo tuchinaggio", nelle valli Orco, Soana e Chiusella le comunità mal digerirono l'ennesimo cambio di padrone ed opposero una resistenza sfociata in aperta rivolta tra il 1440 ed il 1441.

Durante il XV secolo si assiste ad un consolidamento del potere signorile a scapito delle città comunali, già decadute nel secolo precedente, e soprattutto dei vescovi.

Il potere vescovile aveva svolto una funzione di collante tra le varie città, ma dagli inizi del Quattrocento, con l'avanzata dei Savoia e il consolidamento delle altre signorie, venne messo sempre più in disparte.

Nel periodo che segna la transizione tra Medioevo e Rinascimento il Canavese, anche grazie alla relativa stabilità politica assicurata dallo stato sabaudo, conobbe una discreta crescita economica; tra le varie opere realizzate all'epoca è da segnalare il Naviglio di Ivrea, la cui costruzione come canale navigabile fu avviata da Amedeo VIII su disegno di Leonardo da Vinci con lo scopo di collegare la città di Ivrea a quella di Vercelli.

Verso la fine del Settecento i francesi invasero il Canavese e vi imposero le nuove leggi ed i costumi giacobini della rivoluzione provocando la rivolta della popolazione già lacerata dai numerosi e interminabili conflitti.

Nei primi dell'Ottocento la situazione si fece particolarmente difficile poiché Napoleone dopo la vittoria di Marengo penetrò a Torino provocando l'insurrezione dei paesi del Canavese che, tuttavia, restarono sotto il suo dominio fino al 16 aprile 1814, quando rientrarono i Savoia.

Nel XIX secolo si svilupparono nuove industrie e rifiorirono l'artigianato e l'agricoltura, lasciando tracce indelebili nel paesaggio della regione.

 Il Canavese fu poi interessato, specie a partire dal secondo dopoguerra, da una diffusa crescita dell'edificato, specie nelle aree pianeggianti, e dalla costruzione di varie infrastrutture tra le quali l'autostrada Torino-Aosta. Alcune di queste infrastrutture, oltre che le campagne e i centri abitati della zona, furono pesantemente danneggiate dall'alluvione del 1994 e del 2000 che colpì l'area provocando l'esondazione della Dora Baltea e di vari altri corsi d'acqua piemontesi e valdostani.



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