venerdì 27 maggio 2016

La preistoria del Canavese

La preistoria del Canavese

La presenza umana nell'area piemontese e valdostana è stata accertata in diversi luoghi, i principali siti che documentano tale presenza sono
 

Presso Trino Vercellese, a circa 20 Km dalle morene del ghiacciao Balteo, su un rilievo a terrazzo entro sedimenti di löess sono stati ritrovati reperti litici lavorati dall'uomo
choppers
raschiatoi
percussori
punte e schegge di quarzite

Appartenenti al Paleolitico inferiore, circa a 120.000 anni fa, ed al Paleolitico medio, circa 35.000 anni fa.

Nelle grottine di Salto, in particolare la Boira fusca, sita sul fianco sinistro della Valle dell'Orco tra Cuorgnè e Pont, sono stati trovati, in diversi strati sovrapposti, reperti risalenti al X-VII millenio a.c., Paleolitico superiore, all'Eneolitico e all'Età del Bronzo finale. 

Nella limitrofa zona di Belmonte sono stati individuati alcuni insediamenti frequentati nel Neolitico e in epoche successive. 

In una cava di Tina, nei pressi di Vestignè, sono state estratte due statue - stele eneolitiche. Sono le prime testimonianze di questo tipo rinvenute in Canavese.

Sulle rive del lago di Montalto sono stati trovati reperti del Neolitico

materiali fittili, parti di vaso a bocca quadra, e una notevole industria litica, comprendente asce in pietra e pesi per reti, probabilmente usate per la pesca.

- A Viverone è stato rilevato e studiato un grande insediamento palafitticolo, e sul fondo del lago in successive campagne di scavo subacqueo sono stati trovati importanti reperti del periodo del Bronzo.
- A Piverone sono state trovati due parallelepipedi in pietra con incisi gli stampi per la fusione di tre modelli diversi di spade risalenti all'Età del Bronzo.
- In questi anni sta assumendo particolare rilevanza la collina della Paraj Auta, posta sul territorio fra Ivrea e Pavone Canavese, sulla quale si stanno scoprendo tracce di uno o più villaggi che dovevano avere notevole importanza in quanto situati al punto terminale dei trasporti via acqua che risalivano dall'Adriatico via Po, e Dora (fino ad allora passante ad ovest dell'attuale tracciato) dove iniziavano le carovane via terra verso la valle d'Aosta ed i valichi alpini.Su questa collina sono state censite dal GAC circa un migliaio di coppelle e sono stati recuperati reperti databili dal Bronzo finale al periodo Romano. Questo argomento è trattato ampiamente nella sezione Paraj Auta.
- In parecchi altri luoghi (soprattutto situati su alture) sono presenti elementi di Arte rupestre (vedi sezione Arte rupestre) di età presumibilmente preistorica : Lessolo, Cossano, Fiorano, Loranzè, Bèc Renon. Essi sono solo alcuni dei siti esistenti in Canavese e testimoniano una frequentazione antica dell'uomo in questo territorio.

 

La storia antica del Canavese

La storia antica del Canavese


Nel corso della prima metà del 1° millennio a.c. le migrazioni dei Celti coinvolgono i Liguri ed i Taurini che fino ad allora vivevano in Piemonte. 


Nascono così le popolazioni Salasse che occupano la Valle d'Aosta ed il Canavese. 

Dal secondo secolo a.c. la progressiva conquista delle regioni settentrionali d'Italia da parte dell'Impero Romano interessa queste aree.

Inizia un periodo di conflitti, anche violenti, generati dalla necessità dell'Impero Romano di rendere sicuro il passaggio verso i valichi contrastata dal forte sentimento di autonomia dei Salassi. 

Nel 143 a.c. i Salassi battono i Romani di Appio Claudio Pulcro, che perdono 10.000 uomini e destò lo stupore dei generali e del Senato di Roma.

Ma nel 140 a.c. i Romani si imposero sui Salassi che lasciano sul terreno 5.000 uomini. 


Nel 100 a.c. i Romani alla guida di Caio Mario e Valerio fondano Eporedia, l'attualee Ivrea, da allora il Canavese entra definitivamente nell'area di influenza romana e ne segue la storia. 

Nel 25 a.c. Varrone Murena sconfigge definitivamente i Salassi in una battaglia alla confluenza dei fiumi Dora Baltea e Buthier. nello stesso anno e nello stesso luogo sorge Augusta Pretoria, l'attuale Aosta.

I confini del Canavese ieri e oggi

I confini del Canavese ieri e oggi

..Nell’epoca più antica il nome Canavese indicava un distretto che faceva capo a Canava… situata nel triangolo Cuorgnè – Rivarolo – Castellamonte… 

Questo fu il Canavese più antico.

I feudatari che erano legati a questo centro politico, militare e commerciale e risiedevano nelle zona circostante, ne conservarono il nome e acquistarono altre terre, con matrimoni, alleanze e guerre allargarono il loro dominio. 

Alle famiglie "maggiori" Biandrate, Castellamonte, Valperga e San Martino se ne aggiunsero altre "minori", per averne protezione o per opportunità, specialmente nel periodo delle lotte fra guelfi e ghibellini. 

Si formarono dei Consortili, che estesero il nome "Canavese" alle valli dell’Orco, del Soana e del Chiusella verso la pianura alle porte di Torino e di Ivrea.

Un secondo nucleo storico fu quello dei Marchesi di Monferrato che risiedevano a Chivasso. Il loro intervento nelle lotte fra i feudatari canavesani ebbe talora un peso decisivo e permise loro un’espansione verso la zona Est di Torino. Il risultato delle loro azioni diplomatiche e militari fu così sintetizzato:

"Bonifacio di Monferrato, quegli che dalla crociata in Terrasanta ne recò il grano turco, sposò Margherita, figlia di Amedeo IV di Savoia, con la dote di Collegno, Pianezza e Valle di Lanzo, nel 1254. Spenta la discendenza Aleramica dei Monferrato con Giovanni II, la vedova di lui, un’altra Margherita di Savoia, figlia di Amedeo V, ritenne le castellate di Lanzo, Ciriè, e Caselle, pretendendo altre terre fra Malone e Stura quale retaggio Canavesano, benché pertinenti al Baliato di Susa. Queste castellate costituirono in seguito la dote di Violante, figlia di Teodoro Paleologo e di Argentina Spinola, sposa ad Aimone di Savoia, nel 1320. Ai Marchesi Monferrato come ai Biandrate fece sempre comodo ritenere "Canavese" il territorio fra le due Dore, perché le "ragioni feudali" davano loro il pretesto di intervenire nelle faccende di Ivrea".

…Tra Ivrea e Canavese durò però a lungo una distinzione netta, poiché troppo diversi i sistemi di governo, comunale quello degli Eporediesi, strettamente feudale invece nell’Alto Canavese.


Solo dopo il 1500, diminuito il potere dei nobili e quello dei Comuni, le due regioni, unite sotto Casa Savoia nella buona e nella cattiva fortuna, si fusero assieme formando il Canavese attuale.

I confini geografici della regione si possono segnare con una certa chiarezza, in un punto solo, dove nella bassa Valla di Lanzo si è fatta sentire l’influenza di Torino, vi possono essere contestazioni.

Partendo dalla Colma di Monbarone, il Canavese è delimitato dalla linea che passa fra Carema e Quincinetto, ancora canavesani, e Pont San Martin e segue la sommità che separano la valle Soana dalla Valle i Aosta.

Il confine tocca poi la sommità della Torre Lavina, la punta del Gran San Pietro, il Colle del Nivolet e raggiunge le Levanne per tornare verso la pianura. Dopo aver seguito la sommità della catena che divide la Valle dell’Orco da quella di Cantoira, poco dopo la punta dell’Angiolino nelle vicinanze di Locana scende quasi ad angolo retto a tagliare la bassa Valle della Stura poco sotto Lanzo. 

Qualche antico scrittore ha unito al Canavese anche le Valli di Lanzo, ma potrebbe essere un pò esagerato.

Si devono considerare "Canavesane" le zone di Corio, Ciriè, Grosso e Mathi da un lato del torrente, Cafasse e Robassomero dall’altro. 


Caselle e Borgaro che una volta si dicevano canavesani, ora sono ufficialmente "Torinesi" ed ormai aggregati alla "cintura" della grande città verso la quale tendono i loro interessi e la loro attività. 

Da Caselle la linea del confine del Canavese tocca Leinì e raggiunge il Po presso Chivasso e lo segue fino alla foce della Dora Baltea, risalendo poi verso Nord. 

Di là dal torrente vi sono ancora canavesane le borgate di Borgomasino, Masino, Cossano, ed Azeglio come è ancora canavesana la sponda occidentale del lago di Viverone. 

Da questo punto il confine risale alla sommità della Serra e ne segue il crinale fino alla Colma del Monbarone.

Il Canavese nel 1918

Il Canavese nel 1918


limitando il Canavese alle terre soggette direttamente od indirettamente ai conti del Canavese, Valperga, San Martino, Biandrate, Castellamonte, Masino, ai Visconti di Ivrea, dai quali derivarono i signori di Barone, Corio e Camagna, Settimo Vittone, Castruzzone, Arundello, Vische, della Torre etc.., al vescovo ed al Comune di Ivrea ed all’abbazia di Fruttuaria ne viene che i confini che si potranno tracciare più convenientemente saranno


Ad Est, i monti che formano lo spartiacque tra il bacino della Dora Baltea e quello dell’Elvo, quindi la Serra, escludendo però Borgo d’Ale e Viverone, invece si include Alice Inferiore e Ropolo dipesi dai Valperga di Masino, Maglione, terra dei conti di Masino, e Vische, di cui i signori furono confederati ed aggregati al consortile dei San Martino, sotto l’alta signoria del vescovo d’Ivrea, Villareggia esclusa.


…Il limite naturale del Canavese dopo Maglione è dato dalla Dora Baltea fino al suo incontro con il Po.


Al Sud avremo come confine il Po fino a Brandizzo, escluso, a Sud-Ovest, ultima terra canavesana è Volpiano, escludendo Leynì, Caselle, Ciriè, e Lanzo.


Terre terminali dopo Volpiano sono così Lombardore, dell’abbazia di Fruttuaria, Rivarossa dei Valperga, Front colla sua Vauda, e la castellata di Balangero, che si va incastrando a guisa di cuneo tra Ciriè al Sud Est e Lanzo al Nord Ovest.

A proposito della Castellata di Balangero
I Castellamontani prima l’avevano avuta con Mathi e Villanova a poco a poco si erano venuti sostituendo i Biandrate che la conservarono anche dopo la conquista fattane dal Principe d'Acaja, anzi un ramo dei Biandrate assunse col tempo il titolo feudale dell'estrema terra canavesana.

…dopo Balangero… le cime dei monti… circoscrivono il Canavese… la piccola catena che principiando dal monte Rolei finisce alla punta dell’Angiolino, separa Corio e Rocca da Coassolo, …indi lo spartiacque tra l’Orco e la Stura di Valle Grande fino alla Levanna, poi le Alpi Graie.


Infine il lungo contrafforte che, partendo dal Gran Paradiso, a poco a poco digradando va a morire sopra Quincinetto, separerà le valli dell’Orco, del Soana e della Chiusella da quella d’Aosta.

Il Canavese nel 1872

Il Canavese nel 1872

Quel tratto di paese, che oggidì è conosciuto col nome di Canavese, comprende tutto il Circondario d’Ivrea e buona parte di quello di Torino. 

Al Nord confina con le gole della Valle di Aosta e le alpi Graie, che lo circondano a Nord Ovest, la collina della Serra lo separa a Nord Est dal Biellese, altri colli e poi la Dora Baltea all’Est ed al Sud Est lo dividono dal Vercellese. 

Un poco incerti sono i confini verso l’Ovest ed il Sud Ovest, essendo variati secondo i tempi, ma si può ritenere per estremo limite il Po, tirando poi una linea tra la Stura e la Dora Riparia, che comprenda tutta la Valle di Lanzo.

Popolazione.


È abitato da 297.581 abitanti, sparsi in 183 comuni, i quali formano 31 mandamenti, di cui i seguenti sono nel Circondario di Torino
  • Barbania
  • Caselle
  • Ceres
  • Chivasso
  • Ciriè
  • Corio
  • Fiano
  • Lanzo
  • Montanaro
  • Rivara
  • Rivarolo
  • Venaria
  • Viù
  • Volpiano
  • i restanti costrituiscono il Circondario d’Ivrea.

Il Canavese nel 1363

Il Canavese nel 1363


Il Canavese è un contado appartenente a diversi Conti, situato nella parte occidentale della Lombardia, con poche città e comprendente anche il contado di Masino.

Cosparso di paeselli, di borghi di castelli e di monti boscosi, vanta località amene ricche di messi, di viti, di prati e soprattutto di corsi d’acqua.

Vi si trovano animali in gran numero e vi si rinvengono giacimenti di ferro nelle zone montuose e nelle Alpi che da un lato chiudono la Lombardia.

Confina ad oriente col distretto di Vercelli, a mezzogiorno con le terre del Monferrato sopra il Po, ad occidente, in parte, con le terre del Piemonte e in parte coi domini dell’illustre principe Conte di Savoia, e a settentrione colle Alpi già nominate ed altre terre del conte, con la Città di Ivrea e la Valle d’Aosta attualmente appartenenti al suddetto Conte di Savoia.


Soggetti ai conti di Valperga
  • borgo di Pont con castello
  • borgo di Cuorgnè
  • castello di Valperga
  • Salassa
  • Rivarossa con castello
  • Rivara con due castelli
  • Barbania con castello
  • castello di Rivarolo
  • castello di Silveschio

Soggetti ai conti di Biandrate
  • San Giorgio
  • castello di Orio
  • Caluso
  • San Benigno
  • Volpiano con castello
  • Castello di Brandizzo
  • borgo di san Giorgio
  • castello di Cuceglio
  • castello di Foglizzo
  • castello di Ozegna
  • castello di Montalenghe

Soggetti ai conti di San Martino
  • castello di Gelario
  • Frassinetto
  • Castelnuovo con la valle
  • Castellamonte
  • Agliè con castello
  • castello di Malgrà
  • castello di Favria
  • castello di Front
  • borgo di San Martino con castello
  • castello di Loranzè
  • Brosso e molti castelli con la Valle
  • castello di Strambino
  • castello di Sparone di altri signori
  • castello di Vische di altri signori
  • castello dai Azeglio di altri nobili
Soggetti ai conti di Masino
  • castello di Masino
  • Borgo Masino con castello
  • castello di Maglione
  • Villa di Vestignè
  • Settimo Rottaro

Soggetti ai conti di Mazzè
  • castello di Mazzè
  • castello di Candia
  • castello di Castagnolo
  • castello di Mercenasco
  • Rondissone 

Il Consortile de Canavise, ovvero Il Canavese "storico"

Il Canavese "storico"


In Ivrea verso la metà del XII secolo iniziano le notizie della formazione di un Comune, che si aggiunge come forza politica al Vescovo ed ai Feudatari, le cui vicende vengono ad intersecarsi notevolmente al punto che spesso è difficile riconoscere chi detenga l'effettivo potere. 


Federico Barbarossa appoggia il suo fedele Ranieri di Biandrate, di origini arduiniche, questi entra in conflitto con il Vescovo ed il Comune e viene cacciato nel 1195, episodio al quale viene fatto risalire il nucleo storico del Carnevale eporediese.

Caratterizzano questo periodo tutta una serie di guerricciole contro la vicina Vercelli, che paiono coalizzare tutte le forze politiche canavesane, nel novembre 1197 giurano cittadinatico ad Ivrea diversi vassalli del Canavese, un altro giuramento, la "Carta concordiae factae inter Comites Canapicii et Comune Iporegie", è del 15 marzo 1213 nel quale alcuni nobili indicati come "conti del Canavese" promettono di far guerra e pace secondo le decisioni del podestà eporediese o dei Consoli.

Si tratta di un trattato di alleanza finalizzato a rivendicare interessi comuni ma anche a porre le basi per una unione anche di tipo politico, con funzionari riconosciuti da tutte la parti.

Infatti dalla "Carta" emerge che i conti del Canavese giurano di essere cittadini della città di Ivrea in perpetuo. Inoltre si stabilisce che i principali organi di governo, il podestà ed i consoli, siano nominati in modo concorde fra ambedue le parti, che venga mossa guerra o ristabilita la pace nell’interesse del Comune, Confederazione, che sia difesa la città ed il contado da tutti i possibili aggressori, tranne che dall’imperatore e dalla Chiesa eporediese, che le spese vengano raccolte ed imposte in modo comune.

La confederazione ampliandosi abbraccia ora anche le terre che sono a Nord di Ivrea, fino ai confini della Valle d’Aosta: comprende Montalto, Montestrutto, ed il consortile di Settimo Vittone.

Anche il vescovo di Ivrea Oberto di San Sebastiano, il primo che porta il titolo di conte, aderisce alle guerre contro Vercelli ma poi si stacca sottoscrivendo una pace separata. 


I suoi rapporti con il Comune ed i Feudatari arrivano alla rottura, la città di Ivrea sarà anche scomunicata.

Sancita dall'alleanza tra il Podestà eporediese ed i Signori canavesani del 23 settembre 1229 ove si aggiunge fra l’altro che tutti gli uomini della città di Ivrea e del suo distretto possano andare ad abitare in Canavese e nel suo distretto ovunque vorranno, e quelli del Canavese possano venire ad abitare ad Ivrea ovunque e quando vorranno... tra i firmatari figurano Bonifacio IV di Monferrato e suo figlio Guglielmo. 


Anche questa alleanza ha vita breve durando appena due anni.

In quest'epoca i confini politici del Canavese subiscono frequenti variazioni, vengono fondati numerosi borghi nuovi, muniti di difese e dotati di privilegi ed esenzioni fiscali, per attirarvi le famiglie dai paesi vicini appartenenti ad altri feudatari. 


Basti citare Piverone, fondato il 01 dicembre 1202 dai Vercellesi, Bollengo nel 1250 dagli Eporediesi, Borgo d'Ale e Azeglio dai Vercellesi intorno al 1270, mentre nella Bassa Valle d’Aosta, nei pressi di Montalto, è il marchese Guglielmo VII di Monferrato a farsi promotore, intorno al 1277, della fondazione di un nuovo borgo, ovvero Borgofranco.

L’unione durò per tutto il XIII secolo fino al primo quarto del XIV quando scoppiarono lotte fra i Valperga, alleati dei Biandrate e dei Masino, ed i San Martino, alleati ai Castellamonte.

Costoro chiesero la protezione gli uni dei Marchesi di Monferrato, gli altri dei Savoia, ma pagarono l’aiuto con la loro sottomissione, la frantumazione e la definitiva scomparsa dell’autonomia politica amministrativa e giurisdizionale del Canavese, ossia la fine dello "stato sovrano" del Canavese.


Nell’ambito canavesano l’Abbazia di Fruttuaria fu l’unica a mantenere la propria autonomia e la piena giurisdizione sui propri territori, Volpiano, San Benigno, Montanaro, Feletto e Lombardore.

Fino a questo punto abbiamo descritto a grandi linee l’evoluzione che iniziata nell’Alto Medioevo si concluse generando quello che fu il Canavese "Stato federale", il Canavese "storico".


I de Canavise

I de Canavise


Verso la fine dell’XI secolo dei nobili estranei all’Alto Canavese sono investiti dall’imperatore di queste terre, ed incominciano una lenta, capillare opera di penetrazione, che li porterà a possedere l’intera regione.


Tutti i signori precedenti vengono sopraffatti, e tutti i documenti relativi alle loro famiglie scompaiono, con questi scompaiono pressappoco tutte le notizie riguardanti il territorio e le comunità. 

I nuovi venuti, per dimostrare una pretesa discendenza da Arduino d’Ivrea ed il loro buon diritto a governare la regione, presentano documenti falsi che anticipano la loro venuta, inventano leggende, interpolano altri documenti, costruiscono insomma una nuova storia a modo loro e con loro comodo, su cui storici del passato impostarono genealogie e discussioni a non finire…

Questi signori sono probabilmente discendenti da Guiberto, fratello di re Arduino, conte di Pombia, nel Piemonte orientale.


In sintesi le tappe della loro penetrazione nel territorio e la conseguente aggregazione del Canavese primitivo,
 

Nel 1070 acquistano terre a Masino, Cossano, Vestignè, Caravino etc. 
Poi, esteso il proprio dominio nel territorio dell’antica Canava, si arrogano il titolo di Conti "de Canavise".

Nel 1110 Enrico V, imperatore, riconosce a Guido e Ottone Comites de Canavisio quanto possiedono in toto Canavisio, i feudi di Valperga e Valpergato, di Masino e Mazzè, di Candia e Castiglione, coi loro domini e con tutta la castellata di Barone, e con metà dei castelli di Rivarolo, di Favria, del castello di Rivarossa, di Oglianico e del castello di Pont con le sue valli, miniere d’oro e d’argento e di ogni tipo di metalli…
 

Nel 1134 possiedono già il castello di Valperga…
Nel 1151 sono già in possesso di parte della signoria di Balangero. 

Nel 1157 dai de Canavise si è già staccata la casata dei San Martino dai quali deriverà il ramo dei Castellamonte.

Da notare che l'indicazione del paese serviva solo a contraddistinguere le varie famiglie, non corrispondendo obbligatoriamente al possesso delle relative terre.
 

Nel 1193 abbandonano il titolo "de Canavise" nel suddividersi in due rami: Valperga e Masino.

Curtis Canava: Il nucleo primitivo del Canavese

Curtem Canavam

La corte di Canava fu il nucleo primitivo da cui il Canavese trasse il nome.

Documenti risalenti al X, XI secolo, in cui appare la Curtem Canavam, ne testimoniano l’esistenza, ma il luogo e la sua estensione non sono più esattamente determinabili, è presumibile però che si trovasse all’interno del territorio attualmente attribuito a Valperga, Salassa, Cuorgnè.

Era la "curtis", "corte", un’unità nel sistema economico – agrario longobardo, sistema curtense protrattosi fino al feudalesimo, costituita da un "fondo" dominante o "pars dominica, curtis dominica", e da una serie, in genere alcune decine, di fondi dipendenti o mansi.

Fondamentalmente autosufficiente, costituiva un’entità economica alquanto chiusa, con rari scambi esterni per lo più effettuati in natura.

In un atto di Berengario II d’Ivrea del 951 è nominata la "..Curtem Canavese cum castro quod dicitur Riparupta et cum omni sua pertinentia..", le fortificazioni dette di Rivarotta sorgevano quindi nella corte.

Che Rivarotta fosse stato un luogo importante sin dal periodo romano è stato ultimamente appurato per l’esistenza di uno dei poco frequenti guadi del torrente Orco le cui tracce sono state visibili fino a tempi recenti.

Esso apriva le comunicazioni verso Eporedia, l'attuale Ivrea, ed era situato all’estremo settentrionale del cardo coincidente con l’antica via romana che, attraversati i territori fertili e centuriati dell’attuale Salassa, Onglanum (Oglianico), Fabrica (Favria), Strelle (Strelle nel territorio di Front), raggiungeva Augusta Taurinorum (Torino).

Il guado di Rivarotta permetteva poi la comunicazione non solo tra le due parti del Canavese ma costituiva anche un collegamento trasversale tra le strade adducenti ai valichi della Val di Susa e della Val d'Aosta, su questa strada, di origini romane e leggibile ancor oggi in gran parte, passava un tratto importante della Via Francigena che permetteva ai pellegrini e commercianti provenienti dalla Lombardia e da Vercelli, alla cui chiesa apparteneva Rivarotta, attraverso Ivrea di recarsi direttamente ad Avigliana e quindi ai valichi del Moncenisio e Monginevro.

Con la costruzione del ponte di Cuorgné, pochi chilometri più a nord, questo guado perse progressivamente importanza, cadendo in disuso.

Si può quindi desumere che la Curtis Canavese avesse contenuto, con Rivarotta, un importante punto viario, strategico, difeso da un castrum, che deve aver avuto pure una notevole rilevanza commerciale subordinata tuttavia alle condizioni economiche, sociali, politiche mutate nel tempo.

Curtis Canava, nominata per l’ultima volta in un diploma imperiale del 1054, scomparve senza lasciare leggibile traccia di sé.



Il Canavese

Il Canavese


Il Canavese è una vasta regione del Piemonte racchiusa fra la Stura di Lanzo e la Dora Baltea, che dalla base delle Apli Graie e Pennine si estende fino al Po.

I confini partono da una linea segnata a grosso modo ad ovest del Torrente Malone, scendono a sud fino a Chivasso, risalgono sul settore orientale lungo l'agro vercellese toccando Cigliano, volgendo verso occidente per arrivare a Viverone ai piedi della Serra Morenica, il muro naturale tra il Canavese ed il Biellese, passando poi per Ivrea proseguendo verso Occidente, fino ad arrivare alle Valli Orco e Soana, addentrandosi fino al confine con la Francia, fino alla parete del Gruppo Gran Paradiso.

A quewsto territorio appartengono circa 200 comuni tra cui, Aglie, Azeglio, Barbania, Borgo Masino, Caselle, Ceres, Caluso, Castellamonte, Chivasso, Ciriè, Corio, Cuorngè, Fiano, Ivrea, Lanzo, Lessolo, Locana, Montanaro, Pavone, Pont, Rivara, Rivarolo, San Benigno, San Giorgio, Settimo Vittone, Strambino, Venaria, Vico, Viù, Volpiano.

Intanto possiamo dire che il Piemonte, e quindi anche il Canavese, cominciò a prendere forma terrestre solo alla fine del periodo Terziario ed all'inizio del Quaternario.

Prima era una grande distesa d'acqua, braccio del Mare Adriatico.

Quando il mare si ritiò, si registrò un regine fluvio - lacustre che caratterizzo l'epoca del diluvio - glaciale dell'era quaternaria. Fu allora che i corsi fluviali, con le loro correnti, trascinarono a valle i detriti dalle catene alpine e depositi, originando gli altopiani.

La presenza dell'uomo in piemonte risalirebbe al 20.000 a.c., diverse le ipotesi su chi siano stati i primi uomini ed a che razza appartennero.

Appartentemente furono i Liguri, di cui tratteremo puù avanti, ai quali si aggiungerà l'elemento Celto - Gallico verso il 1000 a.c.

Certo è che i Liguri con la loro cività neolitica, o della pietra levigata, diedero origine alle prime tribù dei Taurini che fondarono Taurasia, Torino, in una zona difficilmente vulnerabile, alla confluenza tra il Po e la Dora, in una zona acquitrinosa, la zona che corrisponde all'attuale Pellerina ed a Borgo San Donato.

I Celti riuscirono ad esercitare notevole influenza sui Liguri, di civiltà superiore, specie nella zona padana occidentale, dove l'elemento Ligure sopravvisse preludendo alla ossatura etnica del futuro Piemonte.

I Salassi o Salasses, popolo Celtico abitante l'area del Canavese e Valle d'Aosta in realtà sono discendenti dalle pololazioni Liguri, "ab antiquam ligurum stirpe", dove i Liguri Taurini erano gli abitanti sulle rive del Po tra Chisone ed Orco. Probabilmente discendente anche di uno dei rami di una etnia celtica costituita da più gruppi tribali e stanziata, intorno al 1000 a.C., nell'Europa centrale, l'esistenza di più genti Salasse è confermata dallo storico Ammiano Marcellino, il quale riferisce che nel 53 a.C., nel corso delle guerre illiriche combattute nelle marche danubiane del Norico, i Romani si scontrarono con i Salassi di quelle regioni.

Però sui Salassi non viè una concodanza di opinioni tra gli storici, taluni affermano che siano Celti del gruppo Ligure, per altri Celti provenienti dalla Gallia o da altre regioni a seguito delle varie migrazioni, come i Leponzi di origine tauresca.

Bisogna iniziare a distinguere tra Salassi e Knappesi, i Salassi abitanti delle Zone Alte della Valle d'Aosta, mentre i Knappesi erano gli abitanti delle Zone Orco e Soana.

Per errore degli storici, la prima storia dei Knappesi si è identificata con quella dei Salassi.








Il geografo greco Strabone, "i padroni dei valichi", sia per lo sfruttamento dei giacimenti di oro filtrato dalle sabbie aurifere dell'alta valle della Dora Baltea, argento, rame, ferro, sia per il controllo esercitato su uno snodo importante del commercio del sale con gli abitanti delle pianure.

Per dare una demarcazione etnica all'area subalpina, si identificano le popolazioni di origine Ligure al di sotto del fiume Po, ad eccezione dei Taurini che erano al di sopra, ed i Salassi come popolazione stanziata al di sopra del fiume Po a sinistra della Dora Baltea, area in cui si trovano Salassa, nel Canavese, e Salussola, nel Biellese.

Torino stirpe Ligure
Aosta città fondata dai Salassi
Vercelli fondata dai Salluvii
Novara fondata dai Vertumacori

A Nord dei Salassi vivevano i Centrones, Caturigi, Veragri, i Nantuati.

Nel territorio dei Salassi vi era anche uno dei principali valichi delle Alpi.

I Salassi, un popolo bellicoso, destro alla fabbricazione di ponti e strade, e nella lavorazione dei metalli, industria caratteristica delle Valli Orco e Soana.

Vennero scoperte miniere di Ferro a San Martino e Traversella, di Rame ed Argento a Tavagnasco, di Piombo a Borgofranco, Antimonio Aurifero in Valle Orco.

I Salassi professavano religioni di derivazione druidica.

Taurasia venne distrutta da Annibale nel 218 a.c.

I Romani che si erano spinti fino a Taurasia nel 221 a.c. non riuscirono ad evitare l'evento, questo sacrificio meritò a Taurasia l'aiuto dei Romani contro i Salassi.

La prima vera battaglia tra Romani e Salassi, si ebbe nel 143 a.c. vicino a Po nei pressi di Verolengo e Brandizzo, dove i Romani ebbero la peggio, subendo una grande sconfitta.

La seconda battaglia si ebbe nel 140 a.c. tra Vische e Mazzè, dove i Romani ebbero la meglio facendo arretrare i Salassi costringendoli ad abbandonare le aree estrattive del sud per ritirarsi nelle valli montane, costruendo così delle Colonie Romane vere teste di Ponte verso l'avanzata nelle alte pianure e le Alpi.

Fu così che i Romani assogettarono alcune città Celtiche dei Salassi facendole diventare loro colonie, come avvenuto per Salassa ed Eporedia assogettata circa nel 100 a.c., dopo che i romani riuscino a sconfiggere i Cimbri nel 101 a.c. ai Campi Raudii, Vercelli. Eporedia costruita a campo Militare sulle ceneri della precedente fortificazione dei Salassi denominata oppidum.

Di fronte al progredire dei Romani, i Salassi si ritirarono verso i monti, nelle gole montane, formando vere e proprie isole di conservazione.

La storia del Canavese prosegue tranquilla fino ai Longobardi, la loro invasione di Albonio si ebbe nel 568 d.c. e regnarono fino al 774 d.c. ad opera dei Franchi, intanto nei primi secoli fino al V secolo, iniziò e perdurò la romanizzazione e la cristinaizzazione, ricodiamo San Besso e San Bernardo.

I longobardi divisero il territorio Italiano in Ducati, retti da comandanti militari, che si arrogarno il diritto di amministrare il potere anche giudiziario.

I principali Ducati furno Torino, Asti, Bulgaria (l'attuale novarese), ed Ivrea che comprendeva anche Vercelli.

Il Ducato di Torino a nord, oltre il Po, si estendeva fino alla diocesi di Ivrea, avendo come limite il ramo dei monti che riparano le Valli di Lanzo da quelle dell'Orco e poi una linea che passando per la Vauda lungo il Malone andava fino al Po, al di sopra di Brandizzo.

Il Ducato di Ivrea comprendeva le diocesi di Ivrea e di Vercelli, e si estendeva a sud verso il Po sino al crinale che divide il Po dalla Valle del Versa.


Il toponimo che oggi designa la regione appare per la prima volta in un diploma del 951 col quale Berengario II e suo figlio Adalberto concedono alle monache di S. Maria in Pavia "curtem Canavese cum castro quod dicit Riparupta cum omni sua pertinentia", e deriva da una piccola curtis sita nei pressi di Cuorgnè, Canava.

Coi Longobardi, popolo bellicoso e violento, si determinò depauperazione e spopolamento delle città, ripartizioni dei latifondi e proprietà, sottrazione dei beni alla Chiesa.

I Longobardi non riuscirono a costituire uno stato autonomo, forte ed organizzato.
Furono però artisti, costruttori, promotori e custodi di artefici di cultura.

Carlo Magno dei Franchi, dopo aver sconfitto i Longobardi, con l'alleanza Franco - Papale, fu nominato Re d'Italia nel 774 d.c. "Rex Francorum et Longobardorum".

Con la vittoria sui Longobardi, nelle terre subalpine si intaurò il sistema franco feudale, i ducati longobardi vennero sostituiti dalle marche e dalle contee, più ristrette territorialmente e meglio organizzate.

Si moltiplicarono però poi nel tempo i feudi, aumentò la corte dei fedeli clienti, vassalli, valvassori, valvassini, signori e consignori ogniuno con poteri, privilegi e diritti particolari.

Con le invasioni saracene, si ebbe il blocco dei commerci via mare ed anche via terra lungo i valichi alpini, favorendo l'agricoltura.

Venne instaurata la grande Marca di Ivrea, retta dagli Anscarici, potente famiglia feudale di orgine franca. Divenuta troppo potente venne poi smembrata in tre nuove marche, che prendevano il nome dai loro fondatori.

Marca Aleramica
Marca degli Obertenghi
Marca degli Arduinici

Le nuove famiglie posero la loro sede in importanti città, anche fuori dal Piemonte, come Savona primo capoluogo degli Aleramici.

A quel tempo non vi era una netta distinzione tra Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria.

Con Arduino, 955 - 1015, marchese d'Ivrea dal 989 e primo a fregiarsi del titolo di "Rex Italiae" nel 1002, il Canavese entra nella storia dell'alto Medioevo, perché da lui avrebbe inizio la dinastia dei Conti del Canavese, una famiglia comitale le cui origini si fanno risalire al conte di Pombia Guiberto, fratello dello stesso Arduino, e primo signore di Canava.

Della Curtis Canava si perdono le tracce dopo il 1054: intanto, nobili non indigeni, infeudati dall'imperatore, che vantano più o meno legittimamente discendenza arduinica, si arrogano a partire dal 1070 il titolo di "Conti" del Canavese, e vengono riconosciuti come tali nel 1110 dall'imperatore Enrico V, che li nomina Comites de Canavisio, dai quali si stacca ben presto il ramo dei San Martino, che darà origine alla famiglia dei Castellamonte.

Ai discendenti di Arduino d'Ivrea i Conti di San Martino e Valperga rimase la marca Arduinica

Nel XII secolo si assiste ad una vera rinascita della regione, numerosi borghi prendono nuova vita con l'avvento dei liberi comuni, tra i più potenti si possono citare Alba, Asti, Chieri, Ivrea, Mondovì, Novara, Torino, Tortona, Savigliano e Vercelli.

Nel 1162 Ivrea entrò nella Lega Lombarda, con lo scopo di sconfiggere l'impertatore Tedesco Barbarossa.

I primi Savoia non erano piemontesi come i conti di San Martino e Valperga di Masino discendenti del Re Arduino d'Ivrea. La loro signoria era incentrata sul controllo dei valichi alpini, i territori sabaudi, distribuiti sulle montagne, erano delimitati da confini vaghi e difficili a controllare.

Dopo l'abdicazione di Re Arduino nel 1014, nel Canavese si vennero formando alcuni casati nobiliari i cui rappresentanti rivendicavano una loro discendenza da Arduino stesso o perlomeno dai conti di Pombia. Nel breve volgere di un secolo essi affermarono la loro signoria su buona parte del territorio, assumendo i titoli di "Conti di Valperga", "Conti di San Martino" e "Conti di Biandrate" e "Conti di San Giorgio".
Per consuetudine ereditaria ad ogni generazione venivano spartite le quote, benché la maggiore spettasse al primogenito: si formarono perciò dei "clan", chiamati "consortili", in cui ogni capo famiglia manteneva il titolo nobiliare, ma vedeva ridursi vertiginosamente il potere reale e le ricchezze. La loro forza risiedeva nella gestione in comune delle politiche e delle azioni sul territorio, tradizione praticata anche tra la piccola nobiltà ed il popolo. Perciò collettivamente ciascuno dei tre raggruppamenti era una potenza, e disponeva di entrate paragonabili a quelle di una piccola città.
I Valperga e i San Martino erano divisi da una feroce rivalità,  "se non tamquam consortes pertractando, sed ac si una pars esset christiana et alia sarazena", a farne le spese erano i borghigiani dei piccoli centri soggetti ai conti, frequentemente assaltati, depredati e taglieggiati dalle milizie di parte avversa.

Dal punto di vista geografico, la situazione contribuiva a creare contese: possedimenti, diritti e rendite dei gruppi nobiliari erano distribuiti a macchia di leopardo, penetrando profondamente gli uni negli altri.

La città di Ivrea, che al tempo non era considerata parte del Canavese, non fu teatro di disordini perché vigeva un equilibrio interno basato sul fragile equilibrio tra Comune, Vescovo, Savoia, Savoia-Acaia, Monferrato e, naturalmente, Valperga e San Martino.

Nel Trecento il canavese fu teatro delle rivolte dei Tuchini, abitanti dei piccoli Comuni rurali, soprattutto nelle valli alpine, che si ribellarono contro lo strapotere dei signori feudali.
La causa principale fu l'insofferenza delle comunità locali verso l'eccessivo potere dei feudatari, appartenenti ai consortili di San Martino e di Valperga.

Tra il 1382 e il 1384 la rissosità tra San Martino e Valperga raggiunse il culmine, con razzie, assalti ed uccisioni.
Perciò le comunità locali si riunirono il "lega" presentando una supplica al Conte Rosso, Amedeo VII di Savoia, auspicando il suo intervento contro le vessazioni dei nobili.
La risposta del conte fu debole e macchiata di un grave errore, Amedeo VII impose pesantissime sanzioni pecuniarie alle comunità, colpevoli di aver costituito una lega.
Già nell'inverno del 1386 le comunità locali, forse scontente delle risposte ottenute o indignate per le ammende, confermarono la lega ed iniziarono un'aperta ribellione, soprattutto contro i conti di Valperga e in forma minore contro quelli di San Martino.
Il fatto eclatante fu però l'espulsione dalle loro dimore e dalle loro terre di tutti i conti canavesani.
Amedeo VII preferì mantenere una posizione di grande cautela, avendo tutto da guadagnare dall'indebolimento dei suoi irrequieti vassalli.
Nel 1387 il marchese del Monferrato aprì le ostilità contro i Savoia per tentare di recuperare i feudi canavesani.
Il conflitto si risolse nel 1389, nel trattato vengono citate numerose località canavesane che si erano sottomesse al Monferrato e che ritornano ai Savoia. La lista corrisponde esattamente alle comunità soggette ai conti di San Martino e al ramo primogenito dei Valperga, ad indicare che i Tuchini avevano negoziato con l'uno o l'altro dei principi, pur di mantenere il controllo armato del loro territorio.
Nell'estate del 1390 Amedeo VII mosse in armi contro Cuorgné e le valli valle Orco e Soana, che erano passate dalla parte dei Paleologi del Monferrato, ottenendo una facile vittoria.
Il termine del conflitto con i Tuchini viene formalizzato il 2 maggio 1391, in presenza di sette conti Valperga, trentuno conti San Martino ed i rappresentanti di trentun comunità, nell'atto il Conte Rosso riferisce di aver ripreso il possesso di tutti i luoghi e ricevuto le fedeltà degli abitanti, nomina alcuni commissari per istruire inchieste e processi "contra nonnullos ex dictis rebellibus et tuchinis".

Ben meglio se la cavano i comuni canavesani, a cui vengono completamente condonate le ammende precedenti, aboliti gli obblighi di prestare servizio nelle milizie nobiliari e concesso il diritto di appellarsi al sovrano in caso subissero torti dai feudatari.

Meno di dieci tuchini, per lo più di Cuorgné e valli, vengono impiccati ad Ivrea ed altri condannati al carcere.

Tutte le terre che nel corso del conflitto avevano rinnovato la fedeltà al Savoia dovettero versare ai feudatari gli arretrati delle tasse non pagate, ma deducendo quanto nel frattempo versato al conte di Savoia.
In sostanza, si trattò di una cancellazione dei debiti verso i Valperga e i Masino.

Amedeo VII multò le comunità ribelli concordando con loro una composizione, ma accogliendo la più importante rivendicazione dei popolani, quella dei diritti di successione.

Le comunità della Valle di Brosso pagarono 1000 fiorini
La Val Soana pagò 1275 fiorini
La Valle di Castelnuovo pagò 2750 fiorini
La comunità di Locana 1650 fiorini
Quella di Cuorgné 1500 fiorini

Le altre comunità ritenute "compromesse" sborsarono somme decisamente minori.

Le multe erano molto inferiori a quelle previste nel 1385 ed in quei cinque anni di autogoverno i comuni avevano goduto di tutti i redditi senza pagare imposte.

Nella tradizione popolare viene spesso citato un "secondo tuchinaggio", nelle valli Orco, Soana e Chiusella le comunità mal digerirono l'ennesimo cambio di padrone ed opposero una resistenza sfociata in aperta rivolta tra il 1440 ed il 1441.

Durante il XV secolo si assiste ad un consolidamento del potere signorile a scapito delle città comunali, già decadute nel secolo precedente, e soprattutto dei vescovi.

Il potere vescovile aveva svolto una funzione di collante tra le varie città, ma dagli inizi del Quattrocento, con l'avanzata dei Savoia e il consolidamento delle altre signorie, venne messo sempre più in disparte.

Nel periodo che segna la transizione tra Medioevo e Rinascimento il Canavese, anche grazie alla relativa stabilità politica assicurata dallo stato sabaudo, conobbe una discreta crescita economica; tra le varie opere realizzate all'epoca è da segnalare il Naviglio di Ivrea, la cui costruzione come canale navigabile fu avviata da Amedeo VIII su disegno di Leonardo da Vinci con lo scopo di collegare la città di Ivrea a quella di Vercelli.

Verso la fine del Settecento i francesi invasero il Canavese e vi imposero le nuove leggi ed i costumi giacobini della rivoluzione provocando la rivolta della popolazione già lacerata dai numerosi e interminabili conflitti.

Nei primi dell'Ottocento la situazione si fece particolarmente difficile poiché Napoleone dopo la vittoria di Marengo penetrò a Torino provocando l'insurrezione dei paesi del Canavese che, tuttavia, restarono sotto il suo dominio fino al 16 aprile 1814, quando rientrarono i Savoia.

Nel XIX secolo si svilupparono nuove industrie e rifiorirono l'artigianato e l'agricoltura, lasciando tracce indelebili nel paesaggio della regione.

 Il Canavese fu poi interessato, specie a partire dal secondo dopoguerra, da una diffusa crescita dell'edificato, specie nelle aree pianeggianti, e dalla costruzione di varie infrastrutture tra le quali l'autostrada Torino-Aosta. Alcune di queste infrastrutture, oltre che le campagne e i centri abitati della zona, furono pesantemente danneggiate dall'alluvione del 1994 e del 2000 che colpì l'area provocando l'esondazione della Dora Baltea e di vari altri corsi d'acqua piemontesi e valdostani.



mercoledì 25 maggio 2016

Celti sono stati i Primi Europei

I CELTI: I PRIMI EUROPEI

una comune radice delle popolazioni europee

Le regioni il cui il gruppo etnico dominante è quello celtico, o più precisamente quelle aree in cui è ancora parlata la lingua celtica.

IL PIEMONTE CELTICO

Tra il 1800 e il 600 a.c. i Celti arrivarono in Piemonte, i primi furono i Leponti che hanno lasciato molti reperti e testimonianza della loro vita e della loro cultura, la cosiddetta Cultura di Golasecca, che si fusero con i Liguri, una popolazione considerata autoctona dagli storici e che occupava oltre all’attuale Liguria gran parte del Piemonte e della costa tirrenica fino alla foce dell’Arno.

Le due popolazioni finirono per fondersi tra loro e dare luogo a una cultura celto-ligure di cui si conosce piuttosto poco, le informazioni storiche ci vengono dai greci e i romani che li hanno incontrati, ma che non sono riusciti a cogliere le differenze tra le varie etnie.

TRIBU’ CELTICHE DEL PIEMONTE

I Salassi occupavano l'alto canavese e la Valle d'Aosta, i Sallui erano stanziati nel vercellese, i Vertamacori nel novarese, i Taurini nella provincia di Torino, i Statielli nella zona di Acqui Terme e nelle valli Bormida, dell'Orba e forse nella Valle Belbo, i Bagienni fra Mondovì e il cuneese, i Dertonines a Tortona e nella zona della Valle Scrivia, gli Epuriati nella valle del Tanaro tra Asti e Alba, gli Epanteri tra Brà e Carmagnola, i Caburriati fra il Pellice ed il Po, i Lancenses e gli Ocelenses nelle valli delle tre Sture, i Laevi fra Chivasso e Trino ed i Vittimuli alle falde orientali della Serra d'Ivrea.

I Libici o Lebici , etnia celto-ligure, si attestavano nel territorio vercellese che giungeva a sud fino al Po e, facendo capo a Laumellum, l'attuale Mortara, si estendeva lungo le due rive del Sesia probabilmente fino alla confluenza del fiume col Po.

Non ci sono molti dati sulla consistenza numerica dei celto-liguri e sui reciproci rapporti politici ed economici.

Non vi sono segni di federazione nazionale di tipo politico, maggiori differenziazioni sono anche dovute a fattori ambientali, montagna e pianura.

La pastorizia con la relativa transumanza e lo sfruttamento delle risorse minerarie favorirono i contatti con l'opposto versante alpino, si affermò così per tutto il comprensorio montano un ecosistema unitario nelle sue espressioni culturali. 


Nella pianura fu il fiume a svolgere la funzione di catalizzatore dell'insediamento umano, i centri celto-liguri di maggior rilievo erano modesti insediamenti di carattere difensivo infatti secondo la definizione di Polibio (III-II sec. a.c.) tutto il territorio si presentava come un «paese senza città».

Roma iniziò la conquista della pianura Padana verso il II sec. a.c. al termine della seconda guerra punica, ma fu solo verso la fine dal I secolo a.c. che, con la conquista delle zone alpine, iniziò la definitiva romanizzazione del Piemonte


Nell'82 a.c. la Gallia Cisalpina divenne provincia romana.